Santa Maria del Casale, tra leggende ed ex voto

Facciata della Chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi.

Santa Maria del Casale di Brindisi è una chiesa in un non-luogo, con accanto i depositi della seconda guerra mondiale dell’aeroporto militare, separati dal filo spinato, un po’ più in là le sagome degli aerei di linea e gli hangar, le auto di chi approfitta del piazzale per parcheggiare ed evitare le tariffe dell’aeroporto civile e poi via Maestri del Lavoro d’Italia, un’anonima via non solo nel nome ma anche nelle sporadiche abitazioni. Trovi l’edificio procedendo dal centro sulla via per San Vito dei Normanni e poi dopo la caserma dei pompieri imbocchi per il Casale che è un po’ quel quartiere giardino, almeno nelle apparenze, che si può vedere passeggiando sul porto di Brindisi da dove si vede, ai piedi della scalinata delle colonne terminali della via Appia, il monumento al marinaio che spesso è la cartolina della città. Ma davanti all’edificio medievale non sembra di essere in un giardino. Questo ho pensato durante la mia prima visita ad esso ieri, 28 settembre 2021. Siamo in un posto isolato, con vetri rotti per terra di qualche parabrezza sfondato dai ladri. Qui se un giardino c’è è quello all’interno del chiostro, al quale si accede dalla sagrestia, peraltro chiuso sulla strada da un più che necessario cancello.

La facciata è insolita con la sua bicromia fra l’ocra del carparo e la pietra bianca di Carovigno. I motivi geometrici che ci sono raffigurati, i pattern ti farebbero dire di trovarti davanti a una moschea. Oppure pensi a certe chiese di Firenze e di Pisa, che da qui vicino raggiungi con mezz’ora di volo. Quando poi entri e ti riprendi dall’oscurità, dopo degli istanti, noti la navata unica, con il soffitto a cassettoni in legno e quel che resta di tanti affreschi, un tempo onnipresenti, sulle pareti della navata, su quelle del transetto e del presbiterio. Se poi ti giri verso dove sei entrato, sulla controfacciata sopra e accanto al portone, vedi le quattro fasce in cui è raffigurato il Giudizio Universale di Rinaldo da Taranto. Tornando a rivolgersi verso l’altare sulla sinistra puoi riconoscere l’Albero di Jesse, motivo frequente nell’arte cristiana tra l’XI e il XV secolo che riguarda la genealogia di Gesù. Nella cappella a destra, degli angioini, vi si trova una Crocifissione e un’icona bizantina, della Madonna con il Bambino, che ricorda quella che doveva esserci nella cappella un tempo centrale che pre-esisteva alla costruzione dell’edificio e che fu inglobata al suo interno e poi, successivamente, demolita. Davanti ad essa si trovò a pregare Francesco d’Assisi dopo un’intera giornata di predicazione in città. Avendo notato che un ragno aveva intessuto una tela che copriva il volto della Madre di Dio il serafico iniziò a parlargli. Quello lo ascoltò e la disfece. Si trovò un po’ come Penelope prima a intrecciare i fili e poi a scucirli. Così il viso della Vergine poté essere di nuovo svelato e contemplato.

Particolare della Cappella Angioina.

Una leggenda, quest’ultima, che ci riporta alla devozione mariana del principe di Taranto, Filippo d’Angiò, il quale, fece erigere un’altra chiesa in cui gli apparve, durante una battuta di caccia, un’immagine di Maria davanti ad una fonte d’acqua, come narra una seconda leggenda legata alla nascita di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi. I fili dell’aracnide intrecciano i racconti che vengono narrati in cui ogni finale è l’incipit di una nuova storia, come ingegnosamente ebbe a fare Sherazade ne Le mille e una notte per aver salva la vita. E sulle pareti di questa chiesa ce ne sono tante di storie come, ad esempio, quelle di Santa Caterina d’Alessandria a cui era legata la moglie di Filippo d’Angiò: Caterina II di Valois, Imperatrice Titolare di Costantinopoli dal 1308. Ma anche sulla parete di destra, guardando la facciata, vicino all’entrata originaria vi sono delle storie abbozzate: sono i graffiti di chi affrontava guerre e mari, soprattutto durante le Crociate, con le incisioni di croci, di navi, di scudi e persino un volto della Madonna.

Uno dei graffiti all’esterno.

In questo santuario si raccomandava l’anima a Maria prima di partire e qui si tornava per esprimere un ex voto come fece Geoffroy de Charny, cavaliere del Trecento, al cui passaggio da Brindisi mi sto dedicando, a seguito dell’identificazione da parte di Marcello Semeraro, di una sua committenza. Con essa fece affrescare le sue insegne cavalleresche con tanto di stemma di famiglia al ritorno dalla Crociata di Smirne. Ciò ci narra di un uomo medievale, che fu il primo possessore della Sindone, il quale diede la sua vita agli ideali della Cavalleria, al punto di morire in battaglia per essi.

Oggi abbiamo altri eroi, diversi da quelli dei drammi greco-romani, da quelli della Chansons de Roland dell’XI secolo e da quelli che in Italia una quarantina di anni fa si osannavano. Appena sono uscito dalla chiesa, durante la mia prima visita, fatta insieme ad un amico di peregrinazioni salentine, ci mettiamo a chiacchierare guardando di nuovo la facciata. Due anziani milanesi, marito e moglie, turisti arrivati con l’autobus cittadino, ci sentono parlare e ci chiedono notizie e informazioni. Salvatore, il mio amico, parte con un paragone con Santa Caterina d’Alessandria a Galatina (Le). Pian piano il discorso si sposta su altri edifici, poi sulla cultura di quella che una volta veniva chiamata Terra d’Otranto, sulle canzoni e quindi su Domenico Modugno e soprattutto su Albano Carrisi, che in un’occasione i milanesi videro in un concerto nella loro città chissà quando. Non si può fare a meno a quel punto di parlare di Carrisiland a contrada Curtipitrizzi a Cellino San Marco (Br): il resort con parco tematico e acquapark con piscine caraibiche di proprietà del cantante.

Loro entrano e noi ci dirigiamo di nuovo verso il centro di Brindisi. In macchina penso a qualche idolo dei ragazzi di oggi. Faccio fatica a individuarne qualcuno, perché quasi non ne conosco. Mi viene da pensare a Cristiano Ronaldo e a Fedez. Ma ho una strana sensazione addosso.

Per chi volesse saperne di più su questa chiesa consiglio il bel libro di Gaetano Curzi.

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