Smart working senza call e senza WhatsApp

Foto di Ketut Subiyanto.

Se vuoi che collaboratori, dipendenti, persone di un team lavorino al meglio lascia che organizzino come ritengono più opportuno le loro attività. Permetti loro che siano operative da dove vogliono. È bene quindi, in questi casi, applicare il principio di non interferenza educativa. Esso è conosciuto anche da culture antiche come quella del Tao The Ching che invita ad evitare rigidità ed inflessibilità. Occorre privilegiare il modo in cui la natura stessa opera.

Un esercito rigido viene distrutto.
Un albero rigido viene spezzato.

L’abolizione dello smart working

È notizia di qualche tempo fa che Elon Musk abbia quasi costretto i suoi manager a tornare in ufficio chiedendo loro anche di garantire un certo numero di ore di lavoro. Ha abolito, in pratica, il famigerato smart working venuto alla ribalta durante i due anni di pandemia. Io sono suo fan e ammiratore. Ma stavolta sbaglia e di parecchio!

No alle costrizioni

Per una ragione molto semplice: una persona che lavora a un progetto sa quali sono i suoi tempi e può metterci per esempio dodici ore per realizzarlo oppure mezz’ora. Si possono dare delle scadenze, anche a corto raggio. Ma fissare luogo e orario di lavoro è un anacronismo da industrie del carbone dell’800. Può darsi che alcuni preferiscano lavorare in ufficio e allora glielo si permetta. Se riescono meglio in questo modo, perché no? Quel che va male è costringere tutti a lavorare alla medesima maniera.

Le menti libere

In tanti, specie i freelance, rendono molto di più lavorando quando decidono loro e nel posto che preferiscono: al bar, in spiaggia, in macchina, in treno… Sono menti libere, guai a metterle al guinzaglio!

Il project manager

Nasce a questo punto la necessità di coordinare tra loro chi lavora in ufficio, chi da casa, chi da altri luoghi secondo delle direttive, delle specifiche. Questo è il compito del project manager. Sta a questa figura recepire gli obiettivi aziendali, fare un piano di lavoro sostenibile, assegnare i task e monitorarli. Per farlo utilizza dei tool. Il migliore è Trello. Io lo utilizzo anche per i miei progetti personali.

Cosa evitare

Vanno, invece, evitate il più possibile:

  1. le call perché sembra che facciano progredire il lavoro ma in realtà lo rallentano, immettono una serie di input inutili e fanno perdere tempo. Una call di un’ora a settimana è più che sufficiente ma va stabilita però sulla base di un ordine del giorno scritto prima e che i membri devono conoscere.
  2. I gruppi di WhatsApp: al massimo sono utili per urgenze oppure possono aiutare in un altro aspetto, fuori dagli orari di lavoro (ma non per forza) e cioè la socialità, la coesione interna perché è importante che ogni tanto si cazzeggi. Io per esempio quando non so come risolvere un problema evito di concentrarmi perché è peggio e invece mi butto a fare cose a caso, a divertirmi. Poi torno meglio al mio focus.

Gli obiettivi

Perché il planning funzioni occorre che a monte la strategia sia ben chiara e questo dipende dagli obiettivi che l’azienda si pone. Su questo potremmo scrivere un mare di parole che comunque esulano dallo scopo di questo articolo. L’importante è che siano pochi, il più ridotti possibili. Questo perché l’essere umano ha la tendenza a sovrastimare quel che può fare, specie se poi non opera lui in modo diretto. I generali danno ordini che nella stragrande percentuale di casi non possono essere eseguiti perché la situazione sul campo presenta sempre una serie di elementi non considerati. Quindi occorre ridefinire di continuo, ogni settimana, gli obiettivi. Va da sé che se ce ne sono tanti si va in confusione e non si riesce a gestirli.

Tu e il tuo team

E tu riscontri situazioni di questo tipo insieme al tuo team? Come le gestite? Parlane nei commenti. Se vuoi, invece, approfondire con me questo tema ne possiamo parlare a quattr’occhi.

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