Il sapore più forte del cinema

Toni Servillo e Daniele Ciprì durante la lavorazione del film “E’ stato il figlio”, regia di Daniele Ciprì.
Brindisi giugno-luglio 2011. Fabio Zayed.
— con Giuseppe Vitale.

C’è un cinema in cui sul set non c’è il parrucchiere che fissa il capello fuori posto prima del ciak o in cui il make-up artist dà ogni tanto dei colpi di tampone sul viso. Nel quale la segretaria di edizione, sempre una donna tra l’altro, non controlla ogni sillaba pronunciata. Anche perché spesso la sceneggiatura nemmeno c’è. In questo mondo non si pratica nemmeno l’orario del sindacato degli attori e delle maestranze.

Alcuni lo chiamano cinema indipendente. Per altri si tratta di un cinema in cui «il suono non è sonoro», come avveniva con il film della coppia Ciprì e Maresco o nei film de-costruiti di Carmelo Bene. Io con Daniele Ciprì, tra l’altro, ci ho lavorato in È stato il figlio e ho visto come Toni Servillo è stato utilizzato nel modo più grottesco di tutta la sua carriera.

Forse questi film li vedono in pochi. Sono fatti con materia che si disfa, sono piuttosto decadenti come atmosfera, dialoghi, ecc. Nell’ultimo periodo sono tornato in questo filone prendendo parte anche a due pellicole di Federico Rizzo, di cui una, Il contrabbandiere, è in uscita a Novembre 2023. Ti devi portare il costume da casa. Non hai la roulotte con l’aria condizionata o l’autista che ti viene a prendere. Eppure il sapore del cinema è più forte.

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