Il padre del cinema

Il 1 settembre del 1902 debuttava a Parigi il primo film di fantascienza nella storia del cinema, Il viaggio nella Luna di Georges Méliès, basato su un soggetto di Jules Verne. Questo regista può essere considerato il padre del cinema. Prima di lui, infatti, i fratelli Lumière erano fermi ai documentari. Non avevano capito il reale valore di quello che stavano facendo perché pensavano che la loro invenzione era destinata solo ad ambiti scientifici. Quando, infatti, nel 1895 l’illusionista prestigiatore Méliès chiese di comprare l’apparecchio da loro usato questi si rifiutarono di venderglielo asserendo che esso aveva a che fare con la scienza, non con il gioco o il teatro.

La macchina da presa

Per nulla scoraggiato Méliès, si fece costruire una macchina da presa rudimentale da un ingegnere e diede inizio ad una straordinaria carriera che durò fino al 1913. In tutti questi anni realizzò nel suo teatro di posa qualcosa come 1.500 film (in gran parte andati distrutti) in cui spiccano diversi capolavori. Tra questi Cinderella (Star Film 219-224, 1899), Jeanne d’Arc (Star Film 264-275, 1900), Le Voyage dans la Lune (1902), Voyage à travers l’impossible (Star Film 641-659, 1904).

L’impossibile

Il cinema di Méliès si può considerare come “il teatro dell’impossibile” perché sovverte le leggi della fisica, la logica e la quotidianità. In quasi tutta la sua filmografia, infatti, è alle prese con una serie di illusioni che scandagliano l’impossibile. Non è un caso se uno dei suoi maggiori capolavori si intitola proprio Viaggio attraverso l’impossibile. Qui Méliès compie un viaggio in cielo, sul sole e nelle profondità marine. Del resto l’impossibile era il suo mestiere prima di approdare al cinema visto che era uno dei migliori prestigiatori al mondo, tanto da aver ereditato il teatro del grande Houdini. Davanti ai suoi cortometraggi gli spettatori restavano a bocca aperta, come inebetiti chiedendosi «ma come ha fatto?». Si veda ad esempio Le Magicién del 1898 (Star Film 153).

Il repertorio

Oggi questo genere di film non ha lo stesso effetto che aveva sugli spettatori a lui contemporanei nei quali, invece, suscitava meraviglia e stupore. Per riuscirci faceva ricorso a tutto il repertorio delle tecniche illusionistiche, che conosceva alla perfezione: apparizioni, sparizioni, ombre e proiezioni, simulacri. Quando, infatti, volle comprare l’apparecchio dei Lumière non sapeva bene che farsene, ma ben presto non appena ebbe la tecnologia che gli occorreva tra le mani vi traspose tutta la sua sapienza di prestigiatore. Una delle prime realizzazioni fu infatti Escamotage d’une dame chez Robert-Houdin in cui appare lui stesso che fa scomparire una donna.

Il giocattolo

Il cinema gli deve essere apparso come una grande opportunità per ampliare le possibilità dei suoi trucchi, delle sue illusioni. E vi si immerge con tanto entusiasmo. Per lui questa nuova invenzione non è una esclusiva degli ambiti scientifici, come avrebbero voluto i Lumière, ma un bellissimo giocattolo. I suoi film sono infatti modulati secondo gli stilemi della farsa, pieni di umorismo e di personaggi, come i diavoli, i maghi e i pierrot che provengono da tutta la carica vitale della commedia dell’arte. Si guardi, ad esempio, La lune à un mètre (1898, Star Film 160-162) dove un mago è alle prese con i dispetti di un diavoletto e della luna che si avvicina a un metro dalla sua finestra.

Il grande gioco

Per Méliès, come abbiamo visto, il cinema è un grande gioco, quasi fanciullesco, immaginifico in cui si bada al divertimento e non all’educazione morale come invece farà altro cinema a lui contemporaneo. È questa la sua grande lezione perché questo regista si diverte a scoprire tutte le possibilità che le nascenti tecnologie cinematografiche danno allo spettacolo. E nei suoi film tutto è diletto, divertimento. Non ha potuto lavorare con grandi attori ma lui stesso è disinvolto e si muove con grande destrezza come anche alcune maschere che utilizza, votate al gioco e agli scherzi e ai lazzi come i maghi e i diavoli. In questo non sminuisce le possibilità artistiche del cinema ma le amplifica. Perché tutti si divertono: lui, gli attori, la troupe, gli spettatori. E questa è una magnifica possibilità di esplorazione in ogni direzione: verso i problemi, le possibilità, ecc. Ed è il vero grimaldello per affrontare la complessità.

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