Il canto di Dio e gli alieni

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Esistono altre civiltà nell’universo oltre la nostra? È molto probabile che sia così. Secondo alcuni scienziati il sorgere della vita è inevitabile, non è solo qualcosa che riguarda il pianeta terra. Nel 1964 l’astronomo russo Nikolaj Kardašëv presentò un metodo di classificazione delle civiltà extraterrestri basato sull’utilizzo complessivo dell’energia misurato attraverso i Watt. Dal suo studio tre sono le possibilità:

  1. Tipo I: civiltà in grado di utilizzare tutta l’energia disponibile sul suo pianeta d’origine(4×10¹⁶ watt).
  2. Tipo II: civiltà in grado di raccogliere tutta l’energia della stella del proprio sistema solare (4×10²⁶ watt).
  3. Tipo III: civiltà in grado di utilizzare tutta l’energia della propria galassia (4×10³⁶ watt).

A questi tipi sono stati aggiunti altri due livelli:

  1. Tipo IV: civiltà in grado di controllare tutta l’energia di un superammasso di galassie (circa 10⁴⁶ watt).
  2. Tipo V: civiltà in grado di disporre dell’energia dell’intero universo visibile (circa 10⁵⁶ watt).

Sono state, poi, immaginate ulteriori civiltà fantascientifiche:

  1. Tipo VI: livello energetico di più universi (10⁶⁶ watt), con la possibilità di alterare le leggi della fisica su ciascuno degli universi multipli.
  2. Tipo VII: esseri con capacità di creare universi a volontà e di utilizzarli tutti come fonti energetiche.
  3. Tipo VIII: esseri superiori capaci di creare universi a proprio piacimento, ma che attingono energia da fonti non-cosmiche.
  4. Tipo IX: esseri estremamente superiori capaci di creare oggetti non-cosmici che utilizzano come fonte primaria di energia.
  5. Tipo X: esseri che hanno raggiunto una capacità tecnologica tale da aver abbandonato il mondo cosmico come lo conosciamo per continuare a vivere ed evolversi in “universi” non-cosmici creati da loro stessi, al di fuori delle nostre leggi fisiche.

Esistono anche altre scale, per esempio basate sul controllo dell’informazione oppure sulla capacità di manipolazione della microdimensionalità (atomi e particelle subatomiche fino al Bosone di Higgs).

Secondo la scala che ho proposto noi siamo al livello 0.7 perché non siamo ancora in grado di usare tutta l’energia prodotta dal pianeta. Forse raggiungeremo il livello I tra duecento anni. Le altre civiltà ci sono superiori e ne esistono alcune in grado di creare o distruggere più universi all’istante. Ma tutte queste, alla fine, sono una sola entità che possiamo chiamare anche Dio. E se la molteplicità è un’illusione come ci dice la cultura orientale ma anche quella filosofica antica, c’è una sola Unità: noi ne siamo degli avatar, delle manifestazioni. La vita allora consiste nel risveglio progressivo, nel ritrovarsi nell’Uno, nel riscoprirsi integri.

La distanza, la dicotomia che si crea tra gli esseri e Dio la cultura ebraica la chiama Tzimtzum: l’autolimitazione di Dio che si ritrae nell’atto della creazione. Da qui il paradosso di Dio che c’è e che non c’è e del fluire dell’energia verso di lui, che è lo scorrere dell’esistenza e l’elevazione. Per questo possiamo dire che non c’è nascita e non c’è morte. C’è solo vita perenne. Nessun reale distacco. Nessun bene e nessun male. Tutto va come deve andare.

Dio esce da se stesso e rientra, fluisce, vibra: canta e crea lo spazio perché il suono si propaghi. L’Universo è il canto di Dio che chiama non già alla preghiera (inutile e addirittura dannosa se in senso invocativo) come il Muezzin dalla moschea ma all’evocazione. Dio sono io che scrivo questo post. Dio sei tu che leggi. Dio è chi non vedrà mai questo post (ma lo conosce da sempre come conosce ogni altra cosa). Dio non invoca, non prega: semmai evoca, tira fuori da dentro se stesso istante per istante se stesso per creare ciò che l’illusione del noi chiama vita.

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